Promuovere la conoscenza della ricchezza e della diversità della cultura tunisina, offrendo al pubblico italiano un’opportunità unica per immergersi nel mondo dell'arte contemporanea tra valorizzazione delle tradizioni culturali e una costante ricerca di innovazione. L’Ambasciata della Repubblica Tunisina in Italia, con il patrocinio della Regione Lazio, presentano “TUNISIA tra Contemporaneità e Tradizione. Quattro artisti per un Viaggio nel Sogno del Mediterraneo” a cura di Giuseppe Ussani d’Escobar, in programma a Roma, nello spazio Wegil di largo Ascianghi 5, dallo scorso 12 maggio fino al primo giugno. Ventidue le opere d’arte in mostra: dipinti, una scultura, un acrilico su margoum di recupero (tappeto tradizionale tunisino) e ancora un tappeto rivisitato in chiave contemporanea realizzate da quattro artisti di fama internazionale: Mourad Zoghlami, Kaouther Kassou Jellazi, Ilhem Sbaii Chaabane e Aziza Guermazy. Più di un evento artistico, l’esposizione vuole essere un ponte culturale tra Tunisia e Italia, una testimonianza del legame storico e profondo che unisce i due Paesi. “Questa mostra si inserisce nella volontà di valorizzare e far risplendere la cultura tunisina: una cultura millenaria, ricca di tradizioni vive e di memoria, ma anche aperta al dialogo con il resto del mondo - dichiara Sua Eccellenza Mourad Bourehla, Ambasciatore della Repubblica tunisina in Italia - Attraverso le opere di quattro artisti di talento, con percorsi diversi, rappresentativi della vitalità, originalità e pluralità della scena artistica tunisina contemporanea, desideriamo offrire al pubblico italiano uno sguardo profondo e autentico sulla Tunisia di oggi. Non si tratta unicamente di un semplice evento da collegarsi al mondo dell’arte, la presente mostra è un dialogo, un ponte culturale tra due rive, una testimonianza del legame storico e profondo che unisce la Tunisia all’Italia. La cultura è uno degli strumenti più potenti per avvicinare i popoli, per favorire la comprensione reciproca e per costruire ponti duraturi tra le società”. “Auspico che questo evento possa rappresentare l’inizio di una collaborazione duratura tra la Regione Lazio e la Tunisia, contribuendo a rafforzare quei legami secolari fondati sull’amicizia, sul rispetto e sulla creazione condivisa - afferma Simona Baldassarre, Assessore alla Cultura della Regione Lazio - Auguro a questa mostra il successo che merita e invito il pubblico che la visiterà a scoprire queste opere, che parlano un linguaggio universale e uniscono i cuori e le menti”. “Questa mostra vuole mettere in evidenza le contaminazioni dell’arte tunisina, caratterizzata da una sua identità originale e nazionale, islamica e berbera, ma anche internazionale, feconda di stimoli che passano attraverso altre civiltà e culture, grazie a uno scambio profondo e duraturo che si è andato stabilendo e strutturando”, dichiara il curatore Giuseppe Ussani d’Escobar. Il panorama artistico della Tunisia è mutato dopo la rivoluzione sociale del 2010- 2011 che ha dato il via alla “Primavera Araba”. Molti artisti hanno trovato finalmente la possibilità di esprimersi liberamente e hanno goduto sempre più di un riconoscimento nazionale e internazionale. Tunisi oggi è un luogo vitale per l’arte contemporanea. L’influenza dell’arte europea, negli anni del colonialismo, è stata fondamentale, tuttavia lo spirito indipendentista ha incoraggiato e caratterizzato negli anni un’espressione artistica propria, che si è allontanata dall’accademismo e dall’orientalismo di matrice europea, alla ricerca di una propria voce originale. Nell’allestimento le opere oniriche e surreali di Mourad Zoghlami, l’architetto che ha realizzato i padiglioni nelle esposizioni universali in Corea del sud (2012), Milano (2015) e Giappone (2025). Come afferma il curatore: “Le sue realizzazioni si basano sulla geometria o guardano a essa quale sorgente e scintilla d’ispirazione, ed è da quel preciso istante che i suoi sogni diventano reali, intrecciandosi con la geometria delle costellazioni: unicamente, seguendo questa tecnica e modalità, l’uomo inizia a volare, si stacca da terra e comprende di ap- partenere nella sua interezza e integrità alla totalità degli elementi”. Kaouther Kassou Jellazi, così il curatore descrive la sua arte: “Kassou attrae e cattura il nostro sguardo che viene istintivamente guidato a scoprire e a esplorare il giardino fiorito quale immagine fantastica e terrena del Paradiso; la donna si trova al centro del cortile paradisiaco dell’antica casa islamica e ci accoglie: lei è la regina di questo sogno trascendente e fiorito, lei, dal lunghissimo collo a giraffa che ne simbolizza lo stelo, è il più bel fiore di questo paradiso in terra; il mondo dei sensi ci avvolge e ci immerge in un lirismo mistico-religioso”. Le donne di Kaouther rappresentano la fertilità della donna come madre terra da cui si genera la rinascita di una natura lussureggiante e generatrice di vita e armonia. Ilhem Sbaii Chaabane per il curatore: “Le tele di Ilhem Sbaii Chaabane sono caratterizzate da un’apparente e suggestiva fluidità, sono animate da un vibrante dinamismo che prende vita davanti ai nostri occhi; i suoi dipinti provocano l’impressione e la sensazione di contemplare il fondo del mare attraverso il movimento liquido; l’arabesco è sempre lì ad attenderci, con le sue forme che s’intersecano e s’incrociano a produrne di nuove. Un singolare biomorfismo di ciottoli, di alghe, di frammenti di reliquie marine, assume una sua propria coscienza, sostanza e corporeità”. La natura è un’entità potente e sovrana, ma allo stesso tempo vulnerabile e fragile. La difesa dell’equilibrio dell’ecosistema per l’artista è fondamentale. Nelle opere colorate e sprizzanti vita, ma che al medesimo tempo ispirano riflessione e nostalgia per il mondo dell’infanzia, Aziza Guermazy esprime la sua radice naif e surrealista, strettamente connessa alla Pop art e al mondo del fumetto. In lei si possono riscontrare la passione per Mirò, ma anche alcune affinità significative con l’artista Abdelaziz Gorgi. Aziza con il suo tappeto reinventa la tradizione del tappeto berbero rivoluzionandola dall’interno con i suoi simboli che si richiamano agli incantevoli dinamismi della vita. (gci)
JAGO “DIALOGA” CON LA CANESTRA DI FRUTTA DI CARAVAGGIO
La Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano, proseguendo un programma di iniziative dedicate all’arte contemporanea, presenta dallo scorso 8 maggio fino al 4 novembre la mostra "Natura Morta" dello scultore Jago, a cura di Maria Teresa Benedetti. In un continuo dialogo tra passato e presente, Jago si confronta apertamente con la Canestra di frutta di Caravaggio, tra i capolavori più iconici della collezione del museo, con un’opera che trasforma il linguaggio della tradizione in una riflessione cruda e attuale: una canestra colma non di frutti, ma di armi. Pistole, fucili, mitragliatori si ammassano nel cesto, simbolo di una “natura” ormai contaminata dalla violenza e dalla serialità della produzione umana. Dopo aver installato le sue opere in piazze, ponti, deserti e su navi che salvano vite, Jago prosegue così la sua ricerca su ciò che ci rende umani in un confronto diretto tra la verità della scultura contemporanea e il mistero della pittura seicentesca. L’esposizione, con un catalogo realizzato in collaborazione con Arthemisia ed edito da Moebius, nasce da una ricerca profonda intorno al concetto stesso di fragilità. Se nella pittura caravaggesca la bellezza della frutta matura diventa metafora del tempo che passa e della caducità della vita, Jago spinge questa riflessione oltre, mostrando ciò che oggi affolla le nostre esistenze: oggetti costruiti per uccidere, prodotti in serie, svuotati di senso eppure terribilmente reali. “Con quest’opera - spiega Jago - ho voluto indagare la violenza silenziosa che permea la nostra società, quella che non si manifesta solo nei conflitti armati, ma anche nel modo in cui trattiamo l’altro, nel rifiuto, nella sopraffazione quotidiana. Un cesto colmo di armi ci dice che il frutto del nostro tempo non è più la vita, ma la distruzione". La scelta del marmo, materiale nobile della tradizione, è parte integrante del messaggio: un materiale eterno per raccontare una ferita del presente, un gesto scultoreo che rimanda alla storia dell’arte italiana, ma che al contempo rompe con essa per denunciare un mondo dove la morte è diventata un prodotto di consumo. L'installazione dialoga idealmente con la Canestra di Caravaggio, mettendo in scena un confronto visivo e concettuale tra due nature morte, capaci di raccontare epoche diverse ma unite dalla medesima domanda: cosa resta della vita quando il tempo e l’uomo la consumano? “La natura non idealizzata, eppure innocente, di Caravaggio - afferma il direttore della Pinacoteca, mons. Alberto Rocca - è spunto per creare un canestro non più colmo dei frutti della terra, bensì di sofisticati e artificiosi strumenti di morte. La Veneranda Biblioteca Ambrosiana è ben lieta di presentare questa denuncia coraggiosa con una scultura che segna un ulteriore incontro fra passato e presente e che rinnova il linguaggio dell’arte, stimolando una critica intensa e attuale”. (redm)
A PRATO "VESTE DI LUCE", DEDICATA AL MANTO GIUBILARE DI GIOVANNI PAOLO II
Il Museo del Tessuto di Prato annuncia il programma espositivo estivo in occasione del cinquantesimo anno dalla fondazione. Nell'anno del Cinquantesimo, dopo "Tesori di Seta, Capolavori tessili dalla donazione Falletti" a cura di Daniela Degl'Innocenti e "Velvet mi Amor" a cura di Stefano e Corinna Chiassai, il Museo del Tessuto di Prato inaugura il 18 giugno la mostra "Veste di Luce", dedicata al manto giubilare di Giovanni Paolo II, visitabile fino al 21 settembre. Per celebrare i suoi 50 anni e il Giubileo 2025, il Museo espone dunque il manto realizzato per Papa Giovanni Paolo II all’apertura della Porta Santa per il Grande Giubileo del 2000. Il manufatto fu realizzato grazie all’impegno delle imprese tessili dell’Unione Industriale Pratese, oggi Confindustria Toscana Nord e torna a essere esposto dopo venticinque anni. La conferenza stampa si terrà il 18 giugno alle ore 12:00, alla presenza della presidente della Fondazione Museo del Tessuto, Fabia Romagnoli, del vescovo di Prato, Mons. Nerbini, e della sindaca di Prato, Ilaria Bugetti. (gci)
"ONCE AGAIN": A MILANO IL NUOVO PROGETTO DI CHIARA DYNYS
Un'occasione per approfondire l'arte di Chiara Dynys: dallo scorso 8 maggio fino al 7 settembre, Palazzo Citterio a Milano, spazio della Grande Brera riaperto al pubblico lo scorso 7 dicembre, accoglierà "Once Again", il nuovo progetto monografico di Chiara Dynys, a cura di Anna Bernardini. L’installazione site specific pensata dall'artista per la sala ipogea cosiddetta Stirling, realizzata in partnership con Intesa Sanpaolo, si pone in coerente continuità con una ricerca che da oltre trent’anni l’artista dedica al dialogo con lo spazio, reale e fittizio, e accoglierà il pubblico in un'atmosfera straniante. "Once Again", il cui titolo è mutuato dalla teoria dell’Eterno ritorno di Nietzsche, trascrive con grande forza l’essenza e lo spirito della ricerca dell’artista, così come l’estetica e il vocabolario che ancora una volta spinge la sua tensione al limite tra il reale e il sogno. Chiara Dynys progetta e crea una gigantesca "macchina" mobile che abiterà lo spazio Stirling costituita da tre rulli prospettici rotanti che si snodano per dieci metri di larghezza, simulando l'andamento delle onde marine e il loro frangersi sulla battigia per una lunghezza di dodici metri. Un’intuizione che riprende ispirazione dalle “straordinarie” macchine sceniche seicentesche capaci di generare nell’animo dello spettatore, con la magia dell’illusione, lo stupore e la meraviglia. L’esperienza di questo ambiente intende così coinvolgere il pubblico, sorprendendolo fisicamente ed emozionalmente “sulla riva del mare”, sulla battigia, dove contestualmente approdano e si incontrano frammenti, parole e frasi che si riconnettono alla poetica e alla storia della Dynys ma che, nello stesso tempo, possono appartenere alla vita di chiunque di noi, al vissuto di ciascun spettatore. Chiara Dynys trasferisce in questo lavoro il carattere distintivo della sua ricerca, come la conoscenza e la padronanza nell’utilizzo sofisticato dei molteplici materiali che ogni volta sperimenta, nella voluta assenza di una precisa gerarchia, nelle potenzialità illusioniste della materia e dei procedimenti artigianali tipici di epoche passate ma anche della nostra contemporaneità. Il lavoro è impostato su cromie fredde e il moto ondoso dell’“acqua” è ipnotico come il suono macchinico che l’accompagna, perché dichiaratamente artificioso e insieme evocativo di tutto ciò che il mare rappresenta e significa nell’immaginario di tutti noi. In alto, nella grande sala, una traccia luminosa mobile a 360° gradi accentua l’evocazione del faro in cui viene trasformata la colonna centrale portante di Stirling. “Il contrasto tra il sentimento dell’artista e il linguaggio usato per evocarlo stabilisce il cortocircuito mentale che innesca un processo forte e dirompente - scrive la curatrice Anna Bernardini - dove ancora una volta il teatro, la tecnologia, l’immaginario filmico, la natura, la luce e lo spazio risuonano e si fondono nel suo vocabolario artistico, costruendo le forme e il movimento anche negli inganni percettivi della realtà”. “Dopo la mostra dedicata a Mario Ceroli - annota Angelo Crespi, direttore generale della Pinacoteca di Brera - prosegue il nostro impegno sull’arte contemporanea, presentando il lavoro di Chiara Dynys, una delle artiste più note della sua generazione, il cui stretto rapporto con Milano trova oggi un definitivo compimento. Crediamo che Brera debba tornare ad essere il motore dell’arte contemporanea italiana, così come è stato agli inizi dell’Ottocento, agli inizi del Novecento, e nel periodo del Dopoguerra”. “Convinti sosteniamo Brera con il suggestivo progetto di Chiara Dynys ospitato a Palazzo Citterio, a pochi passi dal museo di Intesa Sanpaolo in Piazza della Scala - afferma Michele Coppola, executive director Arte Cultura e Beni Storici Intesa Sanpaolo - Il lavoro fatto dalle Gallerie d’Italia in continuo dialogo con le principali istituzioni culturali milanesi, dalla condivisione delle collezioni di proprietà alla riflessione con gli artisti contemporanei, sottolinea l’efficacia delle collaborazioni tra realtà pubbliche e private”. Il percorso che conduce a "Once Again" sarà introdotto da un altro lavoro inedito dal titolo Blue Gate: una luminosa porta del mare realizzata in vetro a mano di colore bianco argentato, una sorta di metafora “del passaggio” ed evocatrice di un nuovo inizio. La luce sembra concentrarsi e insieme prendere vita da un diamante di vetro cangiante in grado di restituire la sua luminosità sull’intera forma opalescente. In collaborazione con l’Archivio Chiara Dynys, sarà edito da Allemandi un catalogo che documenta il progetto espositivo di Palazzo Citterio, ripercorrendo la poetica dell’artista e la ricerca che ha dato vita agli ambienti storici con un saggio critico di Anna Bernardini, un contributo di Angelo Crespi, Alessandro Castiglioni e Giorgio Verzotti. (gci)
A CANELLI (AT) APPUNTAMENTO CON "GIUSEPPE GABELLONE"
“Giuseppe Gabellone” è il secondo appuntamento espositivo del centro di arte contemporanea PALAZZOIRREALE a Canelli (AT), nel Monferrato, nato nel 2024 da un’idea di Polina Bosca e voluto dalla famiglia Bosca alla guida dell’omonima casa spumantiera. Aperta al pubblico dal 18 maggio al 28 settembre, la mostra - a cura di Giorgio Galotti, con la quale prosegue il progetto PALAZZOIRREALE, sotto la responsabilità creativa di Diana Berti - presenta un corpus di nove opere, tra sculture e fotografie, oltre a una nuova produzione site-specific, diffuse negli spazi dell’azienda e nelle antiche cantine “Cattedrali Sotterranee” Patrimonio Mondiale dell’Umanità per l’Unesco. Con la mostra di Giuseppe Gabellone, PALAZZOIRREALE torna a offrire al pubblico un’esperienza culturale che pone in relazione i linguaggi contemporanei con i luoghi della migliore produzione vinicola italiana, depositari di antiche tradizioni. Il programma dello spazio prevede il coinvolgimento di figure di riferimento dell’arte contemporanea e privilegia i linguaggi sperimentali, a sottolineare la propensione innata di Bosca all’innovazione, con l’obiettivo di comporre nel tempo una collezione che diventi parte del patrimonio del Monferrato. L’intervento immaginato da Giuseppe Gabellone appositamente per l’occasione è un racconto visivo in cui ogni traccia, disseminata nelle sale, punta all'unico obiettivo di individuare un orizzonte, inteso come linea, meta o apparizione misteriosa, che possa coinvolgere il pubblico a livello esperienziale e proseguire a svelare le storiche aree di produzione della casa spumantiera Bosca. Fulcro dell'esposizione è l’opera inedita “Tramonto scivola”, del 2025, immaginata per l’ampia sala della “linea di produzione” dell’azienda: un proiettore motorizzato che movimenta un quadrato giallo fatto di luce e ridefinisce lo spazio, entrando in dialogo con l’architettura degli ambienti. L’opera detta il ritmo, la tensione e le cromie degli altri lavori presenti in mostra, per offrire al visitatore un paesaggio ricco di stimoli intellettuali e sensoriali. Il percorso parte dalla fotografia “Testa capovolta” (2024), posizionata all’ingresso per accogliere i visitatori e introdurli in un universo narrativo parallelo, esplora le aree industriali attraverso un racconto scandito da bassorilievi, una fotografia disposta a pavimento e una serie di fusioni in stagno a parete realizzate per l’occasione. Oltre la vetrata è collocata la prima delle due sculture luminose “Untitled” (2018), che delinea un paesaggio che si estende oltre lo spazio espositivo, in grado di sollecitare le pupille ad adattarsi alla lenta pulsazione dell’opera composta da una struttura in acciaio sulla quale si susseguono lampadine luminose. La mostra si conclude nelle antiche cantine Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco. Qui è collocata la seconda “Untitled”, sempre del 2018: immaginata come punto di arrivo, si tratta di una lanterna sovradimensionata che convive con il buio e gli odori organici delle gallerie sotterranee dove riposano e fermentano le uve. La natura dell’opera aumenta la percezione e la profondità dello spazio, non sottolineandone le fattezze ma manifestandosi come presenza autonoma che abita il luogo, vive la sua storia e ne amplifica il mistero. (gci)
"DA UN’ALTRA PARTE": A MILANO LE OPERE DI GUIDO GUIDI
La Galleria 10 Corso Como a Milano presenta "Da un’altra parte", una mostra personale di Guido Guidi. A cura di Alessandro Rabottini e allestita nella Galleria dallo scorso 7 maggio fino al 27 luglio, la mostra è concepita come un’ampia indagine sulla sua opera fotografica, e si concentra sul tema dell’ombra, intesa come il risultato dell’incontro tra la luce, lo spazio e il tempo, ossia tre delle principali coordinate della ricerca di Guidi. Nei decenni, Guidi ha affermato la necessità di una “poetica dell’attenzione”: nelle sue opere l’atto stesso del vedere non è mai dato per scontato ma, al contrario, analizzato da molteplici punti di vista, da quello esistenziale fino ai suoi significati formali e teorici. La mostra raccoglie un’ampia selezione di fotografie realizzate tra i primi anni Settanta e il 2023, in un allestimento incentrato sulla persistenza e la ricorrenza di certi temi attraverso i decenni. Quello che accomuna queste fotografie è la presenza di un’ombra o di un riflesso di luce, il transito di un bagliore o la mobilità del buio, all’interno di una narrazione che ripercorre differenti fasi della ricerca fotografica di Guidi rintracciando in esse alcune costanti. (gci)
NELLA FOTO. Mourad Zoghlami, La favola delle tre sorelle, acrilico su tela, 180 x 120 cm, 2023
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